“Vi dirò solo che nessuno potrà dire di aver veramente viaggiato se non avrà fatto un lungo percorso su un mezzo che permetta un rapporto totale fra la propria interiorità, il moto e l’esteriorità, con i cinque sensi aperti del tutto e disponibili a ricevere.” (Jovanotti, Il grande Boh! p. 168)
Tra viaggiatori, vagabondi e pellegrini ci si riconosce subito. Bastano poche parole e ci si accorge di vibrare sulle stesse corde, di avere un’esperienza comune che scava in profondità e ci rende diversi dal resto del mondo. Non conta se siamo ricchi o poveri, se abbiamo un mestiere normale che portiamo avanti con passione e dedizione o se non abbiamo niente. Siamo vagabondi, operai, insegnanti, padri e madri di famiglia, letterati o ignoranti… la strada ci chiama… sempre.
JOVANOTTI: UNO DI NOI
Il 24 aprile 2020, in pieno lockdown, usciva su Raiplay “Non voglio cambiare pianeta”, il docutrip, che in 16 brevi puntate, tra musica, testi e immagini, ripercorre il viaggio di Jovanotti da Santiago del Cile a Buenos Aires poco prima dell’emergenza Coronavirus.
Jovanotti non è nuovo a questo tipo di imprese. Viaggia in bicicletta e i suoi viaggi sono sempre grandi avventure. Ha iniziato nel 1998 percorrendo in solitaria la Carretera Austral da Santiago del Cile a Ushuaia (Argentina), poi nel 2001 la Karkorum Highway da Havelian (Pakistan) a Kashgar (Cina), nel 2010 attraversava il Caucaso da Yerevan (Armenia) fino in Iran, nel 2017 fu la volta della Nuova Zelanda e nel 2020 ancora il Sud America.
IL GRANDE BOH!
L’uscita di “Non voglio cambiare pianeta” è stata l’occasione per prendere in mano un libro che da tempo, in casa, occupa il suo posto sullo scaffale dedicato alla letteratura di viaggio. “Il grande Boh!” di Jovanotti.
Pubblicato nel 1998, è un diario dei pensieri dell’artista raccolti in ordine non cronologico tra il 1996 e 1998. Fanno da scheletro dell’opera tre temi: Africa (il racconto dei viaggi del 1996 e del 1997), diario di un disco (come è nato l’album “Lorenzo 1997 – L’albero” tra il giugno e il novembre 1996) e Patagonia (il viaggio in bici del 1998). In mezzo altri testi di musica e di viandanza. Chiude l’edizione ampliata il racconto dei tre giorni in Brasile prima dell’apparizione di Jovanotti come ospite a Sanremo 2000.
Ho riscoperto un grande narratore di viaggi, capace di sognare e di far sognare.
“MA IO SONO UN VIAGGIATORE”
Riporto per intero l’introduzione de “Il grande Boh!”, che dà voce a tutto quello che abita il cuore irrequieto di un viaggiatore che non può rimanere dove sta ma che è costretto da una voce interiore a rimettersi in cammino… ogni volta … di nuovo.
Sono sicuro che questa strada è senza uscita e a un certo punto mi troverò a fare i conti con il mio modo di scrivere le canzoni e quindi con il mio modo stesso di pensare e dovrò cominciare a fare le cose come se veramente nessuno le ascoltasse per uscire definitivamente dallo schema del genere musicale che è come un caldo fuoco protettivo che mi invita a non partire, a non mettermi in viaggio, perché decidere di viaggiare vuol dire comunque non potersi mai legare a niente e a nessuno. Ma io sono un viaggiatore. Non si può essere viaggiatori preoccupandosi ogni volta di costruire una casa nei posti dove ci si ferma, perché quella casa sarà sempre una catapecchia neanche paragonabile ai castelli di chi i posti li abita da sempre e per sempre, il viaggiatore trova la sua casa nel muoversi, la mobilità è il suo equilibrio, il muoversi è il suo modo di essere radicato. La mia è sempre di più la lingua dei viaggiatori e chi decide di ascoltarmi deve sapere che io sono uno che racconta mondi che ha visto e mondi che vuole vedere e non conosco a fondo la lingua del posto, la lingua degli stanziali, strimpello strumenti e parlo male diverse lingue e di volta in volta ho bisogno di musicisti e di interpreti per piantare le tende nel luogo e restarci finché non mi riprende il senso di irrequietezza che mi porta a fare di nuovo i bagagli e partire.
Sono arrivato al punto che il mio bagaglio è un po’ troppo pesante, faccio di nuovo fatica a muovermi con agilità portandomi dietro tutta questa roba accumulata, è arrivato il momento di lasciare un po’ di bagaglio, di alleggerirmi e prendere una strada nuova magari solo con le scarpe ai piedi e il necessario per sopravvivere. (Jovanotti, Il grande Boh! p. 7)