25 luglio 2019
Anche questa mattina siamo partiti presto. Abbiamo attraversato il campo profughi e, ai resti della reggia di Erode, abbiamo imboccato lo wadi… peccato che era quello sbagliato. Siamo tornati indietro e abbiamo preso il sentiero giusto: il leggendario wadi Qelt.
Fin dall’inizio si poteva ammirare lo straordinario paesaggio del canyon. Il bel sentiero che si arrampicava sul lato destro ci ha portato in breve tempo al monastero di san Giorgio di Koziba. Rimanendo sulla destra siamo saliti fino a incontrare l’acquedotto. Che bello vedere la vita fiorire nel deserto, lí dove scorre un po’ d’acqua! L’acqua fresca ha rallegrato e alleggerito i nostri passi fino alle sorgenti di Ein Qelt. Ci siamo fermati sotto un albero mentre Manuel immergeva i piedi nell’acqua.
Ieri nel deserto c’eravamo solo noi. Oggi abbiamo incontrato pellegrini, turisti, villeggianti… ci stiamo avvicinando a Gerusalemme.
Subito dopo la sorgente, è iniziata la terribile salita fino a incontrare la strada. Il caldo ci ha tolto le energie. Eravamo sfiniti. Arrivati al parcheggio dei pullman abbiamo trovato sollievo sotto la tenda di un beduino. Qui Davide ha preso il taxi, Manuel ed io abbiamo proseguito. Ci siamo incontrati di nuovo alla stazione di servizio dell’autostrada A1 per un abbondante pranzo.
Un taxi ci ha portato al Sea Level lungo l’autostrada. Da lì, sempre sotto il sole, ci siamo inoltrati nel deserto per cercare l’accampamento beduino di Jamil, che ci avrebbe ospitato per la notte. Tutti i bambini dell’accampamento, vedendoci arrivare da lontano, sono corsi a sedersi di fianco alla strada all’ombra di un’auto. Quando mi sono avvicinato – ero il primo, gli altri due erano più indietro – si sono tutti alzati in piedi. Sembravano il comitato di benvenuto. Ci hanno fatto strada fino al luogo riservato a noi. In attesa di Jamil, la moglie ci ha dato una stanza in un container, ha messo per terra i materassi, ha portato acqua fresca, ventilatori, caffè e ci ha indicato dove potevamo lavarci.
Nel pomeriggio ci siamo riposati sotto la tenda e abbiamo giocato con i bambini. Prima di cena abbiamo preso tre sedie di plastica e le abbiamo spostate lontano, per poter pregare indisturbati nel silenzio del deserto. I bambini, ognuno con la propria sedia, si sono messi intorno a noi e sono rimasti tutto il tempo. Sono riuscito a rimanere qualche minuto da solo, mentre il sole tramontava dietro le dune. Contemplavo il deserto e pensavo al nostro pellegrinaggio e a cosa aveva provato Gesù la sera prima di raggiungere Gerusalemme in occasione della festa di Pasqua nella quale sarebbe stato ucciso.
È la prima volta che ho l’occasione di vivere mezza giornata insieme ai beduini del deserto e conoscere un po’ più da vicino la loro vita e condividere qualche loro abitudine. Con poco, ma con tanta umanità, mi sento a casa.